Con questo post inauguro una sezione che si occuperà di tradizioni e folklore e non potevo non iniziare dal tradizionale fuoco di San’Antonio Abate che si accende tra la notte del 17 e il 18 gennaio. I fuochi prescelti sono quelli del comune di Nusco, (Av) uno dei più bei borghi d’Italia, fotografato attraverso il riverbero dei tizzoni ardenti, delle fiaccole e dei neon. Andiamo a scoprirlo
Con la venuta del Cristianesimo le divinità preposte a garantire la ricchezza della terra e del raccolto furono sostituite dai santi, in questo caso da Sant’Antonio Abate, e gli antichi riti furono cristianizzati.
Sant'Antonio era un santo egiziano, nato tra il 251 e il 356 d.C., iniziò il suo nuovo percorso di fede donando tutti i suoi beni ai poveri e decise di diventare un monaco eremita. Morì il 17 febbraio. Nel tempo alla sua figura e in particolar modo ai suoi simboli, il fuoco e il maiale, furono attribuiti diversi e complessi significati antropologici.
Inoltre, la scelta di affiancare al santo un maiale era legata anche all'importanza che tale animale aveva per il contadino perché dalla sua carne dipendeva buona parte della sua sopravvivenza durante il freddo e il lungo inverno. Accanto al maiale troviamo il fuoco simbolo, come accennato in precedenza, di fertilità.
Ma con Sant'Antonio inizia anche la festa del Carnevale che in origine era strettamente legata alla terra e ai riti propiziatori. Le prime fonti sulla festa del Carnevale, come la intendiamo noi, risalgono all'VIII secolo, durante tutto il suo periodo si mangiava, si beveva e si godeva la vita prima dei duri giorni della Quaresima.
Andando oltre il significato religioso, la festa del Carnevale coincide più o meno con l'inizio dell'anno agricolo ed aveva come fine il propiziare e il rinnovare la fecondità della terra e di esorcizzare la morte rappresentata dall'inverno. La sua origine non è chiara, ma sono chiari i riferimenti alle dionisiache greche e ai Saturnali romani, solenne festa religiosa che si celebrava in onore del dio Saturno e durante la quale si tenevano cerimonie religiose di carattere sfrenato e orgiastico, che prevedevano la temporanea sovversione degli ordini sociali dove il servo poteva deridere il padrone-
Ritornando alla festa del fuoco di Nusco anche la sua origine è antica essendo una zona a fortissima vocazione agricola.
Mi è stato raccontato da un nuscano doc, il sig. Franco, gentilissimo proprietario di una pasticceria, che si da bambino, nel giorno di Sant'Antonio, Nusco veniva illuminata solo dai riverberi dei falò accesi da ogni famiglia per accogliere i vicini e i parenti offrendo loro del cibo per festeggiare tutti insieme il santo e il suo fuoco.
Ovviamente di quest’antica usanza oggi si è perso molto e si è trasformata più in sagra, ma alcuni tratti antichi, a cercar bene, ci sono ancora come; il mangiare il maiale e, soprattutto nei falò più lontani dalle piazze principali, la condivisione e l’offerta del cibo, carne o dolci, a chi s’ intratteneva davanti al fuoco ascoltando i canti e musiche antiche eseguite con la tammorra, triccheballacche e le castagnette, o nacchere napoletane, da un gruppo di ragazzini di non più di 11 anni che cantavano in particolar modo la tarantella montemaranese. Tutto condito dall'assaggio dei prodotti tipici, in particolar modo il famoso caciocavallo impiccato, sciolto sulle braci e adagiato su calde fette di pane.
Il fascino del fuoco.
Da quando è stato scoperto e gestito dall'uomo, il fuoco fa parte della sua vita e soprattutto di quella contadina, infatti, dalle sue fiamme la terra si rigenera, basti pensare all'usanza di bruciare qualche piccolo pezzo di terreno per fertilizzarlo, così nel tempo è diventato il simbolo di fertilità; utilizzato in molti riti di purificazione che venivano celebrati dopo il solstizio d’inverno, ancestrale rito della luce durante il quale si preparava la terra ad accogliere la primavera e i suoi doni.Con la venuta del Cristianesimo le divinità preposte a garantire la ricchezza della terra e del raccolto furono sostituite dai santi, in questo caso da Sant’Antonio Abate, e gli antichi riti furono cristianizzati.
Sant'Antonio era un santo egiziano, nato tra il 251 e il 356 d.C., iniziò il suo nuovo percorso di fede donando tutti i suoi beni ai poveri e decise di diventare un monaco eremita. Morì il 17 febbraio. Nel tempo alla sua figura e in particolar modo ai suoi simboli, il fuoco e il maiale, furono attribuiti diversi e complessi significati antropologici.
Inoltre, la scelta di affiancare al santo un maiale era legata anche all'importanza che tale animale aveva per il contadino perché dalla sua carne dipendeva buona parte della sua sopravvivenza durante il freddo e il lungo inverno. Accanto al maiale troviamo il fuoco simbolo, come accennato in precedenza, di fertilità.
Ma con Sant'Antonio inizia anche la festa del Carnevale che in origine era strettamente legata alla terra e ai riti propiziatori. Le prime fonti sulla festa del Carnevale, come la intendiamo noi, risalgono all'VIII secolo, durante tutto il suo periodo si mangiava, si beveva e si godeva la vita prima dei duri giorni della Quaresima.
Andando oltre il significato religioso, la festa del Carnevale coincide più o meno con l'inizio dell'anno agricolo ed aveva come fine il propiziare e il rinnovare la fecondità della terra e di esorcizzare la morte rappresentata dall'inverno. La sua origine non è chiara, ma sono chiari i riferimenti alle dionisiache greche e ai Saturnali romani, solenne festa religiosa che si celebrava in onore del dio Saturno e durante la quale si tenevano cerimonie religiose di carattere sfrenato e orgiastico, che prevedevano la temporanea sovversione degli ordini sociali dove il servo poteva deridere il padrone-
Ritornando alla festa del fuoco di Nusco anche la sua origine è antica essendo una zona a fortissima vocazione agricola.
Mi è stato raccontato da un nuscano doc, il sig. Franco, gentilissimo proprietario di una pasticceria, che si da bambino, nel giorno di Sant'Antonio, Nusco veniva illuminata solo dai riverberi dei falò accesi da ogni famiglia per accogliere i vicini e i parenti offrendo loro del cibo per festeggiare tutti insieme il santo e il suo fuoco.
Ovviamente di quest’antica usanza oggi si è perso molto e si è trasformata più in sagra, ma alcuni tratti antichi, a cercar bene, ci sono ancora come; il mangiare il maiale e, soprattutto nei falò più lontani dalle piazze principali, la condivisione e l’offerta del cibo, carne o dolci, a chi s’ intratteneva davanti al fuoco ascoltando i canti e musiche antiche eseguite con la tammorra, triccheballacche e le castagnette, o nacchere napoletane, da un gruppo di ragazzini di non più di 11 anni che cantavano in particolar modo la tarantella montemaranese. Tutto condito dall'assaggio dei prodotti tipici, in particolar modo il famoso caciocavallo impiccato, sciolto sulle braci e adagiato su calde fette di pane.
E, tra un fuoco e un altro, non potevo non ammirare qualche monumento e i bei palazzi perfettamente mantenuti che ci accoglievano, ovviamente, essendo notte non ho potuto fare molte foto, ma sono riuscita a vedere la bella cattedrale di Santo Stefano fondata tra l’XI e il XII secolo, per poi essere pesantemente modificata tra il XVIII e il XIX secolo.
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