Sarcofago conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. |
La chiesa di Santa Maria di Pugliano ad Ercolano conserva dei sarcofagi romani che ricollocati in quest importante basilica cristiana riassumevano nuovi e complessi significati ideologici,andiamo alla scoperta del sarcofago superiore nella basilica di Santa Maria di Pugliano che vi svelerà questo filo rosso che collega il mondo pagano a quello cristiano.
Ora è il momento di parlare del sarcofago superiore conservato sempre nella basilica di Santa Maria di Pugliano. La sua storia è simile al sarcofago con i grifi; riusato come altare nell’XI sec. per finire poi murato nel XVI secolo nella cappella di Sant’Antonio Abate.Su dove fossero collocati esattamente questi due sarcofagi-altari nella chiesa, a distanza di tempo, non è molto chiaro, probabilmente erano posizionati lungo le navate laterali perchè, stando alle croci e scritte devozionali di ringraziamento a Gesù presenti su entrambi, com'era prassi fare sugli altari che ospitavano reliquie,erano utilizzati, quindi, come altari minori per permettere al devoto di pregare, ringraziare e portare ex-voto ai prorpi Santi protettori o alla Vergine, culto che si sviluppò da Medioevo in poi.
Anche il repertorio iconografico presente sul sarcofago superiore, come quello con i grifi alati, testimonia una continuità tra mondo pagano e quello cristiano. Questo sarcofago, datato tra fine IV inizi V sec. d.C, è decorato con un fregio strigilato, cioè ad esse, disposto ai lati di un clipeo in cui c’era il perduto volto del defunto poi sostituito da una croce, sotto una scena nella quale sono raffigurati un uomo che porge un cesto di frutta ad una donna seduta.
Da un punto di vista iconografico questi elementi erano presenti già dal II/ III secolo d.C ma, come spesso succede in una fase di passaggio, al significato pagano si affiancava il nuovo significato cristiano. Infatti, la scena posta sotto il clipeo, nonostante la parziale cancellazione, può avere una doppia lettura; la prima è la raffigurazione in modo sintetico di ciò che attenderà il defunto nell’aldilà che sarà pieno di serenità e di cibo, rappresentato simbolicamente dal cesto di frutta. La seconda lettura riguarda una raffigurazione sintetica di un banchetto funerario.
Il suddetto rito è presente sia nella cultura pagana sia in quella paleocristiana ma con delle interessanti differenze, infatti, in quello pagano aveva la funzione di aiutare i congiunti a separarsi dal defunto e tale distacco avveniva in più tempi; il primo banchetto, detto “silicerium”, avveniva dopo la sepoltura, era riservato ai familiari più stretti, il secondo banchetto, detto “novemdialis”, avveniva dopo nove giorni dalla sepoltura ed era aperto anche ai non familiari e serviva a riallacciare i legami con la società interrotti durante la fase del lutto più stretto.
Il banchetto funerario paleocristiano, seppur simile nel rito a quello pagano, aveva un diverso significato perché nel " refrigerium", così chiamato dai cristiani, la commemorazione del defunto, soprattutto se era un martire, aveva un forte valore sociale e serviva a rinsaldare la comunità intorno ai nuovi valori religiosi poiché tutti gli affiliati vi partecipavano e non solo la famiglia colpita direttamente dalla perdita.
Tale rito in piena età carolingia, fu eliminato dalla Chiesa perchè divenne un modo per banchettare e non per commemorare il defunto e trasferì nelle messe commemorative, come avviene oggi, il loro ricordo.
Una curiosità, ancora oggi esiste un rapporto tra il cibo e lutto, senza entrare nel dettaglio vi rimando al film “L’oro di Napoli” di V. De Sica (del 1954) in particolar modo a due episodi “La pizza a credito” e “ Il Funeralino”.
Per farvi un’idea su come il repertorio funerario pagano si confonda con quello cristiano vi pubblico due esempi di sarcofagi: il primo caso è conservato nel Museo Archeologico di Napoli, raffigura la porta di ingresso dell’ultima dimora che il defunto varcherà.
Il secondo esempio è un sarcofago che presenta un repertorio tipicamente cristiano: sotto il clipeo troviamo la scena del buon pastore, in alto a sinistra è raffigurato “ Giona salvato dalle acque”e sul lato destro troviamo una scena di banchetto che può essere interpretato come quello funebre o come ultima cena. Altri esempi interessanti potete vederli da questo sito.
Da un punto di vista iconografico questi elementi erano presenti già dal II/ III secolo d.C ma, come spesso succede in una fase di passaggio, al significato pagano si affiancava il nuovo significato cristiano. Infatti, la scena posta sotto il clipeo, nonostante la parziale cancellazione, può avere una doppia lettura; la prima è la raffigurazione in modo sintetico di ciò che attenderà il defunto nell’aldilà che sarà pieno di serenità e di cibo, rappresentato simbolicamente dal cesto di frutta. La seconda lettura riguarda una raffigurazione sintetica di un banchetto funerario.
Il suddetto rito è presente sia nella cultura pagana sia in quella paleocristiana ma con delle interessanti differenze, infatti, in quello pagano aveva la funzione di aiutare i congiunti a separarsi dal defunto e tale distacco avveniva in più tempi; il primo banchetto, detto “silicerium”, avveniva dopo la sepoltura, era riservato ai familiari più stretti, il secondo banchetto, detto “novemdialis”, avveniva dopo nove giorni dalla sepoltura ed era aperto anche ai non familiari e serviva a riallacciare i legami con la società interrotti durante la fase del lutto più stretto.
Il banchetto funerario paleocristiano, seppur simile nel rito a quello pagano, aveva un diverso significato perché nel " refrigerium", così chiamato dai cristiani, la commemorazione del defunto, soprattutto se era un martire, aveva un forte valore sociale e serviva a rinsaldare la comunità intorno ai nuovi valori religiosi poiché tutti gli affiliati vi partecipavano e non solo la famiglia colpita direttamente dalla perdita.
Tale rito in piena età carolingia, fu eliminato dalla Chiesa perchè divenne un modo per banchettare e non per commemorare il defunto e trasferì nelle messe commemorative, come avviene oggi, il loro ricordo.
Una curiosità, ancora oggi esiste un rapporto tra il cibo e lutto, senza entrare nel dettaglio vi rimando al film “L’oro di Napoli” di V. De Sica (del 1954) in particolar modo a due episodi “La pizza a credito” e “ Il Funeralino”.
Per farvi un’idea su come il repertorio funerario pagano si confonda con quello cristiano vi pubblico due esempi di sarcofagi: il primo caso è conservato nel Museo Archeologico di Napoli, raffigura la porta di ingresso dell’ultima dimora che il defunto varcherà.
Il secondo esempio è un sarcofago che presenta un repertorio tipicamente cristiano: sotto il clipeo troviamo la scena del buon pastore, in alto a sinistra è raffigurato “ Giona salvato dalle acque”e sul lato destro troviamo una scena di banchetto che può essere interpretato come quello funebre o come ultima cena. Altri esempi interessanti potete vederli da questo sito.
Con questo post ho finito di pubblicare la storia sui due sarcofagi.
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