giovedì 9 maggio 2019

Il perduto ordine delle Monache di legno; la chiesa dell’Addolorata di San Giorgio a Cremano. Parte I


A San Giorgio a Cremano, comune vesuviano, esiste una chiesetta realizzata all'interno di una delle numerose Ville Vesuviane presenti tra via Pessina e Largo Arso, essa è stata la protagonista di una storia tutta barocca e tutta napoletana, la chiesa in questione è dedicata alla Vergine Addolorata ma se siete curiosi di scoprirla continuatemi a leggere e non ve ne pentirete e sicuramente mi perdonerete anche per la mia lunga assenza.

Il perduto ordine delle Monache di Legno della chiesa dell’Addolorata, quando si sbeffeggiava con ironia il Potere.

Avete letto bene, oggi vi parlo di questo perduto “ordine di monache di legno”, si si proprio di legno quello ricavato dagli alberi e ora vi spiego l’origine di questa storia, forse una leggenda, forse no, ma vale la pena raccontarla perché quando la lessi, a parte l’allegria che mi suscitò, ritrovai tutta l’ironia e la golardìa tipica di noi napoletani; sapienti artigiani lavorarono il legno per realizzare dei manichini femminili a grandezza naturale e pudicamente coperti con abiti monacali di un inventato ordine di clarisse. 
Colei che commissionò tale insolito lavoro fu la Principessa di Avellino Donna Maria Antonia Carafa dei Duchi di Maddaloni (ramo della Stadera) moglie del Principe di Avellino Don Marino Francesco Maria Caracciolo (ramo Rossi), li fece realizzare per sbeffeggiare re Carlo di Borbone e la Chiesa, il luogo prescelto per questa insolita protesta fu proprio la chiesa dell’Addolorata all’Arso, tale storia si svolse nella seconda metà del Settecento.
La chiesa, per chi non abita a San Giorgio a Cremano, si trova sul finire di Via Pessina ed è annessa alla Villa Carsana, dal nome degli ultimi proprietari.

La chiesa dell’Addolorata e l’ironico scontra tra Donna Maria Antonia Carafa, il Re e la Chiesa

Ovviamente vi starete chiedendo il perché la Principessa Donna Maria Antonia Carafa decise di sbeffeggiare le due massime autorità, il motivo del contendere fu la volontà della Principessa di manifestare palesemente il proprio potere economico e nobiliare, la scintilla che portò a questa inusuale protesta fu il rifiuto da parte delle due massime autorità a concederle i permessi per fondare un monastero che voleva costruire attaccato alla sua nuova villa in San Giorgio a Cremano; pensavate a più spirituali e nobili motivi, invece non è così.

Prima di entrare nel vivo della storia è giusto fare delle precisazioni; i monasteri hanno sempre svolto un ruolo importante nella conservazione e nella diffusione della cultura, la loro presenza apportava dei benefici anche sulle zone dove venivano fondati, essi attiravano gli uomini di cultura e, un po’ come succede oggi nelle zone dove si trovano dei musei, i luoghi si attrezzavano per accoglierli e soddisfare tutte le loro esigenze. Da rocche inaccessibili, nel tempo, i monasteri iniziarono ad aprirsi sempre di più agli intellettuali laici fino ad arrivare a permettere a ricchissimi nobili di fondarli per devozione, per auto-celebrarsi e per presentarsi alla nobiltà come raffinati promotori e conservatori del sapere- possedere un opera anche prima di un Re era il miglior modo per mostrare a tutti la propria ricchezza- il sapere, così come l’arte, era il miglior strumento di propaganda personale, un modo per rimarcare il proprio potere economico


Nel caso sangiorgese, sicuramente il monastero sarebbe diventato un luogo di aggregazione sia spirituale sia intellettuale, che avrebbe creato non poche difficoltà al ruolo culturale voluto da Carlo di Borbone per la sua nascente Reggia di Portici.

Non è difficile capire il perché il Re e poi la Chiesa cercavano il più possibile di arginare tale fenomeno. A quanto detto va aggiunto un altro dato importantissimo, la Principessa Maria Antonia Carafa di Maddaloni era sposata con Don Marino Francesco Maria Caracciolo Principe di Avellino, praticamente, erano due mini-potenze economiche unite in matrimonio, inoltre Don Marino Francesco riuscì a ricoprire un ruolo importante nella Corte napoletana e a mantenere i suoi vasti possedimenti perché aiutò Filippo V di Spagna a far  incoronare suo figlio  Carlo V di Borbone come re di Napoli. Tale posizione gli permise di essere anche il portavoce dell’ala più conservatrice dei nobili che lottavano per il mantenimento degli antichi poteri feudali  i quali permettevano di arginare lo strapotere del Re. 
Non mancavano tensioni tra le parti come ad esempio l’opporsi alla riforma portata avanti da Tanucci (una sua villa Vesuviana si trova in San Giorgio a Cremano ve la mostrerò in futuro), quindi dal Re, in cui si cercava proprio di ridimensionare i poteri dei nobili fino a ridurli a comparse o a semplici burocrati alla mercé del Re. 

Analogo discorso valeva anche per la Chiesa particolarmente intenzionata a mantenere il controllo sulle anime e sul sapere e mal digeriva chi glielo limitava. 

In questo complesso gioco delle parti si inserì la volontà della potentissima e ricca Donna Maria Antonia Carafa di fondare un monastero di clarisse per devozione verso la Vergine Addolorata. Voleva strategicamente fondarlo a San Giorgio a Cremano- abbastanza vicino a Napoli ma lontano dal caos della capitale e abbastanza vicino alla nascente Reggia di Portici, praticamente gli illustri ospiti e intellettuali sarebbero andati prima da lei e poi dal Re, immaginate i pettegolezzi-, proprio per tali timori il permesso per fondarlo non gli fu concesso.

Ma Donna Maria Antonia Carafa, invece, era convinta di riceverlo proprio in virtù del suo potere e prestigio, così da buona nobile facoltosa iniziò i lavori nella villa. 


Come prima cosa, dopo averla acquistata da Andrea de Blasio, decise di dividere la residenza in due parti comunicanti tra loro, un lato avrebbe ospitato il monastero mentre l’altro lato la loro residenza estiva, il centro del complesso sarebbe stato ricoperto dalla chiesa; la coppia principesca voleva replicare un progetto che fecero ad Avellino. 
Iniziò i lavori, per fortuna, dalla chiesa, ma fu costretta ad interromperli proprio a causa delle dispense negate, ma non si diede per vinta così decise di inscenare questa insolita protesta.

Il perduto “ordine delle Monache di legno” tra leggenda e storia nel gioiello rococò dell’Addolorata.

La chiesa, l’unica cosa realizzata fu terminata nel 1771 e per espressa volontà della Principessa sempre aperta ai fedeli. E’ un gioiello architettonico che presenta dei coretti lignei tra i più belli presenti in Campania che dovevano, appunto, permettere alle clarisse di partecipare alle funzioni religiose senza però venire meno al loro voto.  

Come detto, non ricevendo nessuna dispensa, scelse di non andare allo scontro frontale ma di affidarsi allo sberleffo per manifestare tutto il suo disappunto: fece realizzare da ignoti artigiani dei manichini di legno a grandezza naturale, li fece ricoprire da abiti monacali, li fece posizionare dietro ai coretti come se stessero, appunto, partecipando alle funzioni religiose, pagò un custode affinché le sorvegliasse. 
Fondò, senza mancare di rispetto a nessuna autorità, un monastero vero e proprio e ottenne in un certo qual modo la notorietà che cercava perché “l’ordine delle monache di legno” suscitò tanta curiosità e non mancarono illustri ospiti come il Re Ferdinando di Borbone che, fermatosi a Portici dopo il viaggio in Sicilia, decise di visitare questo originale monastero. 


La notorietà ottenuta da questa insolita rappresentazione teatrale durò poco, Donna Maria Carafa morì nella sua residenza in San Giorgio nel 1775. Con la sua morte sparirono anche le monache di legno e di questa storia tutta napoletana e tutta barocca non rimane che una traccia negli scritti dello storico sangiorgese Davide Palomba.

E con questa storia, forse leggenda, chissà, chiudo il lato goliardico del post, nella seconda parte vi mostrerò invece la bellezza inaspettata di questa piccola e insolita chiesa. 
Ma prima di salutarti, se ti è piaciuto l'articolo o se hai visitato la chiesa dell'Addolorata sarò lieta di leggere la tua opinione.
A presto

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