Ammirando l'imponente e maestoso anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere, calpestando la sua arena, camminando lungo i suoi corridoi non potevo non ricordare le gesta eroiche di quel gladiatore che fece tremare Roma, quel trace conosciuto con il nome di Spartaco che si ribellò al suo lanista Batiato e a Roma per poi morire, dopo tre anni di lotta, infilzato come un portaspilli dai legionari guidati da Crasso. Ecco a voi la storia di Spartaco e dei suoi compagni.
Il nome Spartaco, com'era di consuetudine quando uno schiavo veniva acquistato, gli fu dato dal lanista Lentulo Batiato dopo averlo comprato nel 73 a.C., il suo vero nome non si conosce. Nelle fonti storiche veniva indicato anche con il soprannome di Trace, Thaex, che deriverebbe quasi sicuramente dal suo ruolo nei combattimenti nell'arena, ossia indossava l’armatura da trace, più che dalle sue origini.
Nel 73 a.C. Spartaco insieme ad altri gladiatori, stanchi dei duri combattimenti e umiliazioni, si ribellarono, uccisero Batiato e scapparono dalla sua scuola.
Iniziò così la lunga lotta contro Roma che si protrasse per ben tre anni durante i quali l’esercito romano fu sconfitto più volte per una serie di ragioni quali:
1) per tutta l’età repubblicana Roma non possedeva un esercito professionale permanete e le legioni si arruolavano solo in occasione di una campagna militare.
2) si arruolavano sia i patrizi sia plebei ma per diverse ragioni: i patrizi per mantenere il buon nome della famiglia, la gens, e per amor patrio ossia per difendere i propri confini dai nemici, i plebei si arruolavano per il premio congedo militare e per il bottino dei saccheggi.
Quindi, la rivolta di Spartaco fu sottovalutata perché Roma non li considerava nemici, non mettevano in pericolo le istituzioni o l’ordine sociale, insomma, erano semplicemente dei poveri schiavi, dei disertori, gente semplice la cui sconfitta non dava onore, nel caso dei patrizi, né bottino, nel caso dei plebei.
Va aggiunto che non erano rare le rivolte degli schiavi essendo la schiavitù, nell'antica Roma, una condizione assolutamente non facile nonostante fossero il vero motore dell’economia antica; basti ricordare le prime due guerre servili scoppiate in Sicilia nel 104 a.C e nel 103 a. C. e duramente represse nel sangue.
Dopo ben tre anni di scontri, Roma fu costretta a ricredersi non solo perché Spartaco si rivelò un ottimo leader e stratega militare sconfiggendo a più riprese l’esercito romano, tali scontri entreranno negli annali di storia come la III guerra servile, ma soprattutto perché i ribelli iniziarono a mettere in pericolo l’ordine sociale costituito attraverso le loro violente scorribande per recuperare cibo, denaro, armi e alimentando, contemporaneamente, il desiderio di vendetta da parte di chi era vessato da Roma, in poche parole, i cittadini romani temevano di essere uccisi per mano dei loro stessi schiavi e chiesero al Senato di riportare ordine nella società e di annullare ogni loro velleità.
Tra il 72 e il 71 a. C. l’ordine sociale fu ristabilito, Marco Licinio Grasso alla testa di ben sei legioni affrontò e sconfisse l’esercito ribelle. Spartaco fu ucciso presso il fiume Sel, in Lucania, e i sopravvissuti furono crocifissi lungo la via Appia, da Capua a Roma, come monito a chi osava ribellarsi a Roma
Dove iniziò la legenda di Spartaco, l'anfiteatro di santa Maria Capua Vetere.
Le notizie sulla vita di Spartaco da uomo libero sono quasi nulle, si sa che era di umili origini, nacque in un posto imprecisato della Tracia nel 109 a.C. per poi morire in Lucania nel 71 a.C. Maggiori notizie si hanno sulla sua vita da schiavo e soprattutto sulla sua vita da capo dei ribelli: si arruolò come ausiliare nell'esercito romano e combatté in Macedonia, in seguito fu accusato di diserzione, reato punito solitamente con la morte, ma la sua prestanza fisica lo “salvò”.Il nome Spartaco, com'era di consuetudine quando uno schiavo veniva acquistato, gli fu dato dal lanista Lentulo Batiato dopo averlo comprato nel 73 a.C., il suo vero nome non si conosce. Nelle fonti storiche veniva indicato anche con il soprannome di Trace, Thaex, che deriverebbe quasi sicuramente dal suo ruolo nei combattimenti nell'arena, ossia indossava l’armatura da trace, più che dalle sue origini.
Nel 73 a.C. Spartaco insieme ad altri gladiatori, stanchi dei duri combattimenti e umiliazioni, si ribellarono, uccisero Batiato e scapparono dalla sua scuola.
Iniziò così la lunga lotta contro Roma che si protrasse per ben tre anni durante i quali l’esercito romano fu sconfitto più volte per una serie di ragioni quali:
1) per tutta l’età repubblicana Roma non possedeva un esercito professionale permanete e le legioni si arruolavano solo in occasione di una campagna militare.
2) si arruolavano sia i patrizi sia plebei ma per diverse ragioni: i patrizi per mantenere il buon nome della famiglia, la gens, e per amor patrio ossia per difendere i propri confini dai nemici, i plebei si arruolavano per il premio congedo militare e per il bottino dei saccheggi.
Quindi, la rivolta di Spartaco fu sottovalutata perché Roma non li considerava nemici, non mettevano in pericolo le istituzioni o l’ordine sociale, insomma, erano semplicemente dei poveri schiavi, dei disertori, gente semplice la cui sconfitta non dava onore, nel caso dei patrizi, né bottino, nel caso dei plebei.
Va aggiunto che non erano rare le rivolte degli schiavi essendo la schiavitù, nell'antica Roma, una condizione assolutamente non facile nonostante fossero il vero motore dell’economia antica; basti ricordare le prime due guerre servili scoppiate in Sicilia nel 104 a.C e nel 103 a. C. e duramente represse nel sangue.
Dopo ben tre anni di scontri, Roma fu costretta a ricredersi non solo perché Spartaco si rivelò un ottimo leader e stratega militare sconfiggendo a più riprese l’esercito romano, tali scontri entreranno negli annali di storia come la III guerra servile, ma soprattutto perché i ribelli iniziarono a mettere in pericolo l’ordine sociale costituito attraverso le loro violente scorribande per recuperare cibo, denaro, armi e alimentando, contemporaneamente, il desiderio di vendetta da parte di chi era vessato da Roma, in poche parole, i cittadini romani temevano di essere uccisi per mano dei loro stessi schiavi e chiesero al Senato di riportare ordine nella società e di annullare ogni loro velleità.
Tra il 72 e il 71 a. C. l’ordine sociale fu ristabilito, Marco Licinio Grasso alla testa di ben sei legioni affrontò e sconfisse l’esercito ribelle. Spartaco fu ucciso presso il fiume Sel, in Lucania, e i sopravvissuti furono crocifissi lungo la via Appia, da Capua a Roma, come monito a chi osava ribellarsi a Roma
Anfiteatro.
Dopo aver accennato alle gesta di Spartaco, è arrivato il momento di parlare dell’anfiteatro dell’antica Capua, l’attuale Santa Maria Capua Vetere, che diede fama al gladiatore soprannominato “il Trace”.
Questo maestoso anfiteatro è il più antico e il secondo per grandezza rispetto al Colosseo - il terzo per età e grandezza è quello di Pozzuoli- ed è sopravvissuto abbastanza bene alle insidie della storia e del tempo.
Questo maestoso anfiteatro è il più antico e il secondo per grandezza rispetto al Colosseo - il terzo per età e grandezza è quello di Pozzuoli- ed è sopravvissuto abbastanza bene alle insidie della storia e del tempo.
In origine sia i giochi gladiatori sia quelli delle belve si svolgevano nella piazza principale o nel foro e solo in seguito furono costruite delle apposite arene in legno. Il primo a costruire un anfiteatro semi-permanente, secondo Plinio, fu Scribonia Curione il giovane che nel 53 a.C. fece erigere due teatri disposti uno di fronte all'altro per creare un’arena abbastanza ampia da ospitare questi tipi di spettacoli.
E’ interessante evidenziare un dato curioso, Roma si dotò di un anfiteatro stabile solo nel 29 a.C. con Caius Statilius Taurus mentre in Campania erano già stati edificati vari anfiteatri su terrapieni con la cavea in muratura e pietra; il più famoso, dopo quello di Capua, era l’anfiteatro di Pompei realizzato tra il 70 e il 65 a.C., nella seconda parte del racconto capirete il perché.
Il punto di svolta nella realizzazione di questa tipologia d’edificio avvenne quando iniziarono ad essere costruiti molti edifici combinando l’uso della volta con il calcestruzzo, ciò permise la loro costruzione su ogni tipo di terreno e non più solo sfruttando la conformazione naturale dell’ambiente.
Grazie a questa rivoluzione ingegneristica, dalla fine dell’età repubblicana e soprattutto dall'età augustea in poi, furono costruiti edifici molto capienti e quelli già costruiti, come l’anfiteatro capuano, chiamato Campano, e quello Flavio di Pozzuoli, furono ricostruiti su modello di quello di Roma. E risale all'età augustea anche l’uso della parola amphitheatrum per indicare uno spazio destinato agli spettatori, teatro, che correva intorno all’arena, amphì.
E’ interessante evidenziare un dato curioso, Roma si dotò di un anfiteatro stabile solo nel 29 a.C. con Caius Statilius Taurus mentre in Campania erano già stati edificati vari anfiteatri su terrapieni con la cavea in muratura e pietra; il più famoso, dopo quello di Capua, era l’anfiteatro di Pompei realizzato tra il 70 e il 65 a.C., nella seconda parte del racconto capirete il perché.
Il punto di svolta nella realizzazione di questa tipologia d’edificio avvenne quando iniziarono ad essere costruiti molti edifici combinando l’uso della volta con il calcestruzzo, ciò permise la loro costruzione su ogni tipo di terreno e non più solo sfruttando la conformazione naturale dell’ambiente.
Grazie a questa rivoluzione ingegneristica, dalla fine dell’età repubblicana e soprattutto dall'età augustea in poi, furono costruiti edifici molto capienti e quelli già costruiti, come l’anfiteatro capuano, chiamato Campano, e quello Flavio di Pozzuoli, furono ricostruiti su modello di quello di Roma. E risale all'età augustea anche l’uso della parola amphitheatrum per indicare uno spazio destinato agli spettatori, teatro, che correva intorno all’arena, amphì.
Purtroppo dell’antico anfiteatro Campano, per intenderci quello calpestato da Spartaco, rimane solo una sua descrizione dalle fonti storiche che lo indicavano come il primo edificio del suo genere ad essere costruito in piano con le gradinate sorrette da muri a cuneo in opera cementizia. Era alto ben 44 metri e buona parte del calcare fu prelevato dal monte Tifata mentre i laterizi furono prodotti in zona.
Il restyling imperiale lo ampliò al tal punto che poté ospitare ben 60.000 spettatori.
Grazie alle varie campagne di scavo si può capire come funzionava e a cosa servivano i vari ambienti come: gli spoliarum dove ai gladiatori morti venivano tolte le armi e quelli moribondi ricevevano il colpo di grazia; il saniarium era l’infermeria; armamentarium era l’ambiente in cui si custodivano, sorvegliate a vista, le armi dei gladiatori (attualmente tali ambienti sono chiusi al pubblico per restauro). Ai lati est e ovest ci stavano due grosse cisterne funzionali ai giochi d’acqua, basta ricordare le famose aspersiones, ossia aspersioni del pubblico con acqua profumata.
Il restyling imperiale lo ampliò al tal punto che poté ospitare ben 60.000 spettatori.
Grazie alle varie campagne di scavo si può capire come funzionava e a cosa servivano i vari ambienti come: gli spoliarum dove ai gladiatori morti venivano tolte le armi e quelli moribondi ricevevano il colpo di grazia; il saniarium era l’infermeria; armamentarium era l’ambiente in cui si custodivano, sorvegliate a vista, le armi dei gladiatori (attualmente tali ambienti sono chiusi al pubblico per restauro). Ai lati est e ovest ci stavano due grosse cisterne funzionali ai giochi d’acqua, basta ricordare le famose aspersiones, ossia aspersioni del pubblico con acqua profumata.
Durante il restyling furono riorganizzati anche i settori più vicino all'arena: la cavea fu divisa in settori orizzontali, detti meniani, e in settori verticali, detti cunei, l’accesso agli spalti avveniva attraversando delle gallerie che, costruite sotto le gradinate, consentivano l’accesso ordinato ai vari posti uscendo da porte chiamate vomitoria. I sotterranei, costruiti sotto le gallerie, ospitavano le complesse scenografie che salivano attraverso un sistema di argani e montacarichi, ospitavano anche le gabbie delle belve e i gladiatori pronti per combattere nell'arena.
La prima in alto: i sotterranei; scale per salire ai piani superiori; arcate di accesso; i vomitoria. |
La facciata presentava quattro piani, i primi tre con arcate sovrapposte, il blocco centrale di ciascun arco era decorato con la testa di una divinità e, come in un moderno stadio di calcio, dalle arcate del pianterreno si entrava attraversando archi numerati, l’accesso era regolato dal tipo di tessere che veniva distribuita gratuitamente, gli ingressi vip, invece, erano posti sugli assi principali: quello a nord conduceva alla tribuna imperiale mentre gli altri tre erano riservati ai senatori, alle Vestali, ai sacerdoti, collegi, ecc.
L’arena era ben visibile da ogni punto della cavea e l’alto podio permetteva la protezione dello spettatore dall'attacco degli animali.
A rendere tale anfiteatro il più bello, dopo il Colosseo, era la ricca decorazione, in parte visibile nel museo annesso, che impreziosiva i vari vomitoria, le gallerie e gli ingressi principali.
L’arena era ben visibile da ogni punto della cavea e l’alto podio permetteva la protezione dello spettatore dall'attacco degli animali.
A rendere tale anfiteatro il più bello, dopo il Colosseo, era la ricca decorazione, in parte visibile nel museo annesso, che impreziosiva i vari vomitoria, le gallerie e gli ingressi principali.
Dalle varie campagne di scavo non è stata trovata ancora nessuna traccia della più antica e prestigiosa scuola gladiatoria, la ludus gladiatoris, che formò il Trace e i suoi compagni, ma possiamo farci un’idea su come funziona grazie alle fonti storiche; la familia, ossia il gruppo di gladiatori, era il fulcro dell’organizzazione degli spettacoli che, gestiti dal lanista, veniva mantenuta, addestrata e poi affittata per i vari combattimenti dai quali il lanista ricavava lauti guadagni. L’addestramento era organizzato dai doctores aiutati da alcuni subordinati, il primus e il secundus palo, e dai rudiarii, veterani che avevano meritato il riconoscimento della daga di legno, rudus, segno tangibile del loro congedo dai combattimento.
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